lunedì 31 gennaio 2011

Il risparmio è la prima alternativa alla scelta nucleare

Condivido certamente la preoccupazione espressa da Gianni Genghini su "Il giornale delle opinioni" di Libertà 21 gennaio 2011, e con lui, penso, da molti altri  milioni di italiani: l'aumento del prezzo dei prodotti petroliferi e degli altri combustibili fossili, seppure altalenante, è inequivocabilmente il segno di una tendenza verso la penuria di fonti energetiche primarie essenziali per la nostra società ma purtroppo inevitabilmente esauribili. Solo che lo sviluppo delle fonti rinnovabili (che negli ultimi due anni hanno conosciuto tassi di crescita inimmaginabili) e il risparmio energetico (che dispone ormai di tutte le tecnologie mature e commerciali) non è affatto ostacolato dalla carenza di territorio o dalle proteste dei Comitati del No, ma da una normativa distorta e dalla mancanza di volontà politica dei nostri governanti.
La risposta alla crisi energetica ed alla penuria dei combustibili fossili l'ha già data da 3 anni la Comunità Europea, con il progetto "Clima ed Energia", altrimenti noto come "20-20-20" al 2020. L'essenza di questo progetto, enunciato nel 2007, approvato dal Parlamento Europeo nel Dicembre del 2008, ed estrinsecato nelle Direttive 28/2009 e 31/2010 alle quali la nostra normativa dovrebbe adeguarsi, consiste nel vincolare gli stati membri a perseguire entro il 2020 il 20% di risparmio nei consumi finali di fonti energetiche primarie (di tutte, quindi non solo di elettricità, ma anche di calore, di carburanti per l'autotrasporto, ecc.) il che significa mantenere lo stato dei consumi energetici finali al livello del 2005, senza aumento; il 20% (17% per l'Italia) di consumo di fonti energetiche primarie da fonti rinnovabili (anche in questo caso di tutte, non solo di elettricità), il che significa, associato al primo 20%, ben un 40% di riduzione dei nostri fabbisogni di combustibili fossili: 40%!; e infine di ridurre del 20% l'emissione di gas climalteranti, che avremmo già dovuto ridurre entro il 2012 del 6.5% rispetto al 1990 in virtù del protocollo di Kyoto. E, si badi bene, non fa alcun accenno al nucleare, se non per rimandarlo alle scelte dei singoli governi (per forza, con Francia e Inghilterra nella comunità...).
Vorrei qui porre l'accento sul primo 20%, l'obiettivo del risparmio: un 20% di riduzione dei consumi finali equivale infatti ad un 20% di recupero nella riserva di fonti energetiche primarie, che non è nemmeno paragonabile al 7-8% di combustibili fossili (ma non di fonti primarie, giacché l'uranio è una di queste) che permetterebbe l'installazione delle 8 (otto!) centrali nucleari italiane; e tutto questo solo con una riduzione dei consumi, che come si sa richiede investimenti a rapidissimo tempo di ritorno e quindi a costo economico e sociale praticamente minimo. Si dirà: imporre una riduzione dei consumi è più difficile che costruire una centrale nucleare. Non è affatto vero. Il provvedimento della detrazione fiscale del 55% per gli interventi di risparmio energetico nell'edilizia ha ottenuto nel triennio 2007-2009 ben 590.000 interventi per una spesa totale (al lordo della detrazione) di quasi 8 miliardi di €, e certamente non per il ritorno alla candela ma bensì per un aumento del benessere. Se si pensa che il risparmio energetico nell'illuminazione può raggiungere l'80% dei consumi (sostituzione dei sistemi a incandescenza con quelli a fluorescenza o a led), il risparmio nel riscaldamento (coibentazioni, serramenti termici, impianti più efficienti) può raggiungere il 30% ed oltre, così come il risparmio negli elettrodomestici (classe energetica A, A+, ecc.), nell'autotrazione (trasporto su rotaia, collettivo, elettrico, ecc.), nella produzione industriale (motori elettrici, recupero termico, ecc.), nell'agricoltura (produzioni biologiche) e via dicendo, l'obiettivo del 20% al 2020 non appare affatto velleitario, ma assolutamente perseguibile, anzi addirittura superabile. Solo che bisogna volerlo: e la reticenza del Governo che solo dopo enormi pressioni da parte dei consumatori e del settore produttivo ha reiterato con la Legge di Stabilità per un solo anno (2011) la detrazione del 55% prolungandone tuttavia la rateizzazione in 10 anni e rendendola così meno appetibile per i cittadini e meno competitiva per le imprese, è il segnale inequivocabile della mancanza di una volontà politica di sostegno. E la detrazione del 55% non è l'unico provvedimento possibile, si possono aggiungere incentivazioni, o provvedimenti che accelerino (e non rallentino) l'uscita dal mercato dei prodotti più energivori, e così via.
Insomma il risparmio energetico è la prima fonte rinnovabile che abbiamo a disposizione,e da solo, senza nemmeno l'ausilio delle fonti rinnovabili, potrebbe raggiungere nei prossimi 10 anni un risultato di 3 volte superiore a quello che potrebbero consentire 8 (otto!) centrali nucleari nei prossimi 20 o 30 anni, mentre se consideriamo anche le fonti rinnovabili, autorevoli analisi (ad es. quella di EREC, European Renewable Energy Council) dimostrano la reale possibilità di una totale autonomia energetica dell'Europa al 2050 basata sulle fonti rinnovabili.
Per di più a rischio realmente nullo e senza alcuna ipoteca per le generazioni future, al contrario di quanto ci prospetta il nucleare: perché ad onta di quanto può sostenere A. Ricci dell'ISFN o il Forum Nucleare Italiano, a tutt'oggi nessun paese al mondo, dopo oltre 50 anni, ha ancora risolto in maniera affidabile il problema dello stoccaggio definitivo (centinaia di migliaia di anni) delle scorie nucleari di 3° categoria, avendo unicamente la Svezia, paese che ha deciso di uscire dalla produzione nucleare, appena avviato il processo di costruzione del deposito, che durerà almeno 15 anni; né la sicurezza del reattore EPR è ancora dimostrata, giacché non ne esiste ancora uno in funzione, anzi è messa alquanto in discussione dalle Agenzie Nucleari di Francia, Finlandia e Gran Bretagna; né è possibile affermare che il nucleare non produce CO2, giacché esistono ricerche che hanno dimostrato che considerando l'intero ciclo del combustibile, commisioning e decommissioning delle centrali e stoccaggio delle scorie, le emissioni di CO2 del nucleare sono paragonabili a quelle delle centrali termoelettriche a metano; né si può dire che non inquinano, almeno a quanto sostengono le ricerche tedesche ed americane sulle conseguenze sanitarie dei rilasci radioattivi sistematici delle centrali sui bambini; né infine si può sperare in una diminuzione generale dei costi dell'elettricità, fatto peraltro mai avvenuto in alcun paese nucleare.
Insomma la ricetta per la crisi energetica c'è già, ce la fornisce la Comunità Europea ed è molto più semplice del previsto: 20-20-20.

Paolo Lega
Circolo Legambiente di Piacenza

Pubblicata da Libertà il 29 Gennaio 2011

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