venerdì 23 luglio 2010

«Indagine epidemiologica? Troppo tardi»

Miserotti: «Perso il treno». Fabbri: «La valutazione di fattibilità è iniziata»

Arturo, un gigante che semina scorie e malattie? Il presidente dell'ordine dei medici Giuseppe Miserotti interviene sulla possibilità di avviare un'indagine epidemiologica sulla popolazione a più di 20 anni dalla scomparsa della centrale caorsana sulla scena del nucleare. Non torna la partenza delle indagini dopo così tanti anni.
"CAORSO HA PERSO IL TRENO" Ormai è tardi, sembra dire il medico: «A Caorso si è perso il treno - esordisce chiaro e tondo - queste indagini hanno un significato se durano anni, gli studi realmente attendibili prendono in esame una casistica distribuita su almeno 10 anni, valutando così a pieno i fattori di rischio di una possibile contaminazione». «Le valutazioni nel piacentino andavano fatte prima - incalza - avevamo avviato una fotografia dello stato dell'arte, con gli allora neolaureati Fornari e Smerieri. Si doveva proseguire su quella strada anziché interromperla. È vero che a Caorso esistono ancora segnali di potenziale preoccupazione ma non si può più valutare il caso rispetto al suo funzionamento, vero problema critico».
ALCUNI DATI Il presidente Miserotti porta sul tavolo del dibattito alcuni dati da pelle d'oca. Evidente il suo secco "no" al ritorno dell'atomo. «Quelle analisi delle letterature che non sono ancora state censurate (e i francesi - precisa con un po' di sarcasmo - sono molto bravi a censurare) dimostrano come da una centrale fuoriescano emissioni di trizio e carbonio 14. Mi riferisco ad alcuni studi fatti in Germania e in Canada. Queste sostanze finiscono nella catena alimentare e una volta assorbiti dall'organismo rimangono lì per sempre. Lo studio tedesco "Kikk", effettuato dal 1980 al 2003, testimonia come nei bambini si assista a un aumento delle leucemie del 220% nelle distanze fino a 5 km da una centrale. Il nucleare è un'energia costosa, obsoleta, sorpassata» conclude.
LE CONSIDERAZIONI DI ARPA Sandro Fabbri, direttore di Arpa Piacenza, ricorda come un procedimento verso queste analisi fosse stato attivato in passato: «Su sollecitazione del Comune di Caorso avevamo cominciato a valutare la fattibilità di questa indagine, in collaborazione con Ausl. Era stata contattata la Regione. Nei nostri laboratori di Modena è presente un servizio di epidemiologia ambientale, noi siamo fisici, possiamo fornire il quadro ambientale di Caorso, dove abbiamo avviato un monitoraggio della radioattività e degli alimenti, attivo dall'82. L'elemento più difficile dell'indagine sarà incrociare il dato fisico e tecnico con le casistiche mediche».
Malac.

Libertà 23/07/2010 pagina 23

giovedì 22 luglio 2010

«Per 20 anni non servirà costruire centrali nucleari»

Interviene Il Cnel

ROMA - «Per i prossimi venti anni non c'è una domanda elettrica aggiuntiva che giustifichi la costruzione di nuove grandi centrali nucleari in Italia». È un passaggio dello studio della Fondazione per lo sviluppo sostenibile realizzato per conto del Cnel, sugli scenari elettrici post-crisi, presentato ieri a Roma. «La messa in funzione di centrali nucleari - prosegue il rapporto - comporterebbe la chiusura anticipata di centrali termoelettriche convenzionali ancora efficienti e influirebbe sulla riduzione dello sviluppo delle fonti rinnovabili». Un processo, quest'ultimo, che «sarebbe assolutamente controproducente rallentare», dal momento che l'efficienza energetica e le rinnovabili sono opzioni già in atto nel Paese.
Nel caso dell'efficienza energetica, si tratta dell'opzione economicamente più conveniente, secondo il rapporto, mentre lo sviluppo delle fonti rinnovabili, «entro il prossimo decennio, avrà un forte impulso tecnologico e potrebbe diventare una delle attività trainanti delle esportazioni».
Lo studio suggerisce che per i prossimi 20 anni, venga sviluppata e applicata la cattura e sequestro della Co2. «Una tecnologia innovativa, con grandi potenzialità di sviluppo - si legge nella ricerca - con la quale l'Italia non partirebbe in ritardo, come per il nucleare ma potrebbe essere tra i primi Paesi al mondo».
La ricerca del Cnel è la prima che considera come chiave di volta il 2009, l'anno della crisi. Anno in cui l'energia elettrica richiesta è calata del 6,7%, cioè 22 TWh in meno del 2008, mentre nel decennio pre-crisi era aumentata del 25%. Lo studio ipotizza due scenari di crescita del settore elettrico nel suo insieme. In entrambi, le rinnovabili giocano un ruolo importante.
Le due prospettive tengono conto della domanda e del mix energetico. Quest'ultimo è la variabile tra le due ipotesi. Nel primo caso, si è tenuto conto delle tendenze che hanno recentemente caratterizzato la crescita delle diverse componenti della produzione elettrica. Nel secondo, si fa riferimento agli obiettivi della politica energetica ambientale della Ue che spinge di più sulle rinnovabili. Nel primo scenario, il Cnel ipotizza un impatto sulla creazione di nuova occupazione di oltre 51mila unità (41mila da rinnovabili) dove, l'eolico è il segmento capace di fornire il 50% dei nuovi posti di lavoro. Ancora più roseo il secondo scenario, in base al quale, la nuova occupazione raggiungerebbe quota 102mila persone (99mila solo da rinnovabili) e in questo caso a trainare la richiesta di occupazione sarebbero l'eolico ed il fotovoltaico capaci di coprire oltre i due terzi dei nuovi occupati.

Libertà 22/07/2010 pagina 7

giovedì 8 luglio 2010

Manifesto NoNuke Piacenza

OGGI DICIAMO ANCORA NO
Per un'Italia libera dal nucleare,
per lo sviluppo dell'efficienza energetica
e per un futuro basato sulle fonti rinnovabili


  • LE NUOVE CENTRALI NON SERVONO
L'Italia ha la capacità di produrre energia elettrica (98mila MW) ben al di sopra del fabbisogno nei momenti di massimo consumo (56mila MW). Nuove centrali nucleari aumenterebbero la nostra dipendenza da risorse energetiche primarie in via di esaurimento e comunque di provenienza estera, il cui costo è destinato inevitabilmente a crescere secondo le logiche del mercato.


  • L'IMPORTAZIONE DI ENERGIA DIPENDE DA MOTIVAZIONI ECONOMICHE E SPECULATIVE
Un impianto nucleare deve funzionare ad un regime elevato e costante di potenza. In certe ore del giorno la quantità di energia prodotta da un impianto nucleare è più elevata della richiesta della rete. Diventa quindi economico per i Paesi limitrofi acquistare l'energia prodotta in eccesso piuttosto che produrla direttamente. Pertanto anche l'Italia importa energia (da Francia, Svizzera, Slovenia) pur avendo una potenza elettrica installata superiore a quella richiesta dalla rete. Tutto il progetto nucleare è quindi finalizzato non tanto all'autonomia energetica o all'economicità della scelta, bensì al sostegno economico dell'industria nucleare oggi in gravissima difficoltà.


  • NON E' VERO CHE CON L'ENERGIA NUCLEARE SI RISPARMIA
Considerando tutti i costi connessi ad un impianto nucleare a partire dalla qualificazione dei siti, la costruzione e il funzionamento delle centrali, i tempi morti della produzione, l'estrazione e l'arricchimento dell'uranio, la fabbricazione degli elementi di combustibile, il riprocessamento, lo stoccaggio e lo smaltimento delle scorie, la dismissione degli impianti a fine vita, il KW nucleare è più costoso del KW ottenuto con le altre fonti primarie. Il costo del progetto nucleare civile della Francia viene sostenuto in gran parte dalla finanza pubblica, anche attraverso la connessione con il sistema militare. Negli Stati Uniti, dove gli impianti sono gestiti da società private, è dal 1978 che non viene più programmato un nuovo impianto, e solo recentemente è stata prevista la realizzazione di 2 impianti solamente a fronte di un intervento pubblico di 8 miliardi di dollari. Solo con un intervento pubblico che si faccia carico degli oneri assicurativi, dello stoccaggio definitivo delle scorie e della dismissione degli impianti, il KW nucleare diventa competitivo.


  • CON IL NUCLEARE RINUNCIAMO A NUOVI POSTI DI LAVORO
Una centrale nucleare costerà da 6 a 8 miliardi di euro (vedi l'ultima offerta di AREVA al Canada). La spesa complessiva per le 4 centrali previste in Italia sarà da 24 a 32 miliardi di euro; l'occupazione sarà di alcune migliaia di persone durante la fase di costruzione e di poche centinaia nella fase di esercizio. E' ovvio che se le risorse economiche disponibili saranno destinate al nucleare, non ne avremo altre per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Uno studio della Bocconi assieme al GSE mostra che investendo in energie rinnovabili e raggiungendo gli obiettivi europei previsti dal piano 20-20-20 in Italia esiste un potenziale di creazione di nuova occupazione raggiungibile nelle rinnovabili entro il 2020 tra 100mila e 250mila nuovi posti di lavoro.


  • QUESTO NUCLEARE NON E' SICURO
Le centrali oggetto dell'accordo con la Francia (reattori di terza generazione avanzata tipo EPR) non sono altro che una modifica di quelle di seconda generazione, per le quali è prevista una sovrabbondanza dei sistemi di controllo, e non raggiungono ancora un livello di sicurezza accettabile. Le nuove centrali presentano inoltre un migliore rendimento del combustibile nucleare e quindi produrranno meno scorie che conterranno però una maggiore quantità di elementi radioattivi a lungo tempo di decadimento e quindi con maggiori problemi legati allo stoccaggio definitivo delle scorie. E' poi evidente che questo potrebbe creare nuovi e più gravi problemi nel rilascio in condizioni di normale funzionamento e soprattutto nei rilasci accidentali. E' chiaro inoltre che le conseguenze di rilasci abituali ed accidentali colpiscono più direttamente le popolazioni circostanti l'impianto.


  • NON ESISTE ANCORA UNA PROCEDURA DI DISMISSIONE DELLE CENTRALI
Nelle 4 centrali nucleari italiane e negli impianti di fabbricazione del combustibile non è ancora stato avviato un serio progetto di dismissione. Nella centrale di Caorso erano stati autorizzati nel 2000 tre interventi di dismissione per parti di impianto a bassa o nulla radioattività che sono stati completati solo nei mesi scorsi, dopo 10 anni. Si attende tutt'ora l'approvazione del piano di dismissione complessivo delle parti di impianto più radioattive.
Le tecniche e le procedure devono però essere ancora messe a punto e deve essere verificata in sito la loro efficacia.


  • NON ESISTE UN DEPOSITO NAZIONALE, NE' COMUNITARIO, NE' MONDIALE PER LO STOCCAGGIO DEFINITIVO DELLE SCORIE AD ALTA ATTIVITA'
I materiali ad alta radioattività non più riutilizzabili prodotti dal funzionamento dei rettori nucleari sono composti da elementi che hanno tempi di decadimento estremamente lunghi, da migliaia a milioni di anni. Le 250mila tonnellate di rifiuti radioattivi prodotte fino ad oggi nel mondo, sono ancora in attesa di una sistemazione definitiva. Lo stoccaggio delle scorie ad alta radioattività è quindi una pesante eredità che lasceremo in dote alle future generazioni, gesto eticamente inaccettabile.


  • DAL NUCLEARE CIVILE IL PLUTONIO, MATERIA PRIMA PER LE ARMI NUCLEARI
Le centrali nucleari producono scorie da cui viene estratto il plutonio, materia prima per la produzione di armi a testata nucleare.


  • LE CENTRALI NUCLEARI SONO UN OBIETTIVO SENSIBILE
L'11 settembre è la dimostrazione che ciò che era imponderabile può sempre accadere. Nessun impianto nucleare viene garantito per essere immune da questa tipologia di incidente che, se si verificasse, produrrebbe un impatto disastroso sull'ambiente e sulla popolazione. Non è da escludere nemmeno il rischio di furti di materiale radioattivo nelle fasi di produzione, trasporto e riprocessamento del combustibile che potrebbero fornire materiale utile alla costruzione di ordigni nucleari e/o bombe sporche.


  • IL NUCLEARE NON GARANTIRA' IL RISPETTO DEGLI ACCORDI SUL CLIMA
L'Italia è in ritardo rispetto agli obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra previsti al 2012 dal Protocollo di Kyoto e al 2020 dal Protocollo Energia e Clima dell'Unione europea. Le centrali nucleari entrerebbero in funzione tra 15-20 anni e non contribuirebbero certamente al raggiungimento degli obiettivi, costringendo l'Italia a pagare multe salate. E' stato inoltre dimostrato che la costruzione e lo smantellamento delle centrali, e l'intero ciclo del combustibile nucleare producono una quantità di CO2 paragonabile a quella prodotta da impianti convenzionali. Un sistema energetico che si serve del nucleare produce fino a 7 volte più CO2 si un sistema a cogenerazione che, oltre a generare elettricità, distribuisce il calore per il riscaldamento delle abitazioni. Questi obiettivi potrebbero essere facilmente raggiunti con un serio programma di incentivazione e sviluppo dell'efficienza, del risparmio e delle fonti energetiche rinnovabili.


  • LA PRODUZIONE NUCLEARE RAPPRESENTA UN SISTEMA CENTRALIZZATO E ANTIDEMOCRATICO
Il contenuto della “Legge Sviluppo” e le dichiarazioni degli esponenti del Governo pongono seri problemi nei rapporti tra lo Stato centrale, le autonomie locali e le popolazioni. La militarizzazione e la segretazione dei siti, il commissariamento degli Enti locali che non si adeguano alle decisioni del Governo centrale costituiscono un esempio di decisionismo che contrasta con la possibilità di espressione della libera volontà dei cittadini. Inoltre, gli impianti nucleari costituiscono un'ulteriore sistema centralizzato di produzione elettrica che aumenterebbe le condizioni di fragilità della rete incrementando l'interdipendenza e la dispersione nel trasporto a lunga distanza.


  • LA VERA ALTERNATIVA SONO L'EFFICIENZA ENERGETICA, IL RISPARMIO E LE FONTI RINNOVABILI
Solo perseguendo con decisione gli obiettivi del pacchetto “Energia e Clima” dell'Unione Europea (20 per cento di risparmio energetico, 20% di produzione di energia primaria da fonti rinnovabili e 20% di riduzione delle emissioni climalteranti entro il 2020) il nostro Paese imboccherà un percorso di modernizzazione già intrapreso da Paesi avanzati come la Germania e la Spagna che, grazie ad una strategia energetica innovativa e ad un fortissimo sviluppo delle fonti rinnovabili, usciranno nei prossimi anni dal nucleare.